Santo Stefano di Sessanio
in Abruzzo, in una zona ancora poco battuta dal turismo, all’interno del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, scorgiamo un borgo di altri tempi, di cui è facile percepire tutto l’incanto. Siamo A Santo Stefano di Sessanio e stiamo per goderci l’ospitalità dell’hotel diffuso che ha restituito vita ed economia a un borgo abbandonato.
Il nostro arrivo a Santo Stefano di Sessanio è emozionante, l’accoglienza dello staff dell’hotel Sextantio è gentile e attenta e la nostra camera è un tuffo nel passato, anche se i comfort ci sono tutti, insieme a una cura minuziosa dei dettagli, dal caminetto pronto per essere acceso, alla scelta degli arredi fatto di elementi del passato nel rispetto della natura. Il letto è alto, il materasso in lana, l’atmosfera è creata dalle candele e l’acqua arriva dalla vicina sorgente.
Relax e tanto altro…
Per non parlare della Locanda sotto gli Archi le cui foto raccontano la storia antica del ristorante e la piacevole esperienza dei nostri primi giorni del 2023. Se ogni piatto merita di essere assaggiato, un’attenzione particolare va riservata alle lenticchie, tipiche del posto, piccole violacee e buonissime, presidio Slow Food (che sono anche vendute nel piccolo negozio a due passi dal ristorante).
Santo Stefano di Sessanio sorge a circa 1200 metri di altitudine, in un paesaggio ancora integro della montagna appenninica, un tempo abitato da agricoltori e soprattutto dedito alla pastorizia e produzione della lana. Il suo spopolamento, prima di essere acquistato dall’imprenditore italo svedese Daniele Kihlgren, che in un viaggio in moto in Abruzzo rimase incantato da questo borgo abbandonato e fuori dal tempo e decise di trasformarlo in una piccola perla del turismo, ha permesso la conservazione del suo patrimonio architettonico originale. (guarda video di Report – Rai 1)
Kihlgren acquista negli anno ‘90 alcuni immobili del paese e da qui inizia una storia di recupero di un borgo e della sua antica anima, raccontata nel libro I tormenti del giovane Kihlgren (2017)
Da Santo Stefano a Rocca Calascio
Guardando in alto si scorge la torre Medicea di circa 20 metri, il cui restauro dopo il terremoto del 2009 è appena stato completato. La Porta Medicea, su cui è ancora visibile lo stemma della grande famiglia fiorentina De Medici, narra la storia di un popolo passato che viveva del commercio della lana. Se il paese è fatto per rilassarsi e degustare i cibi tradizionali del ristoranti o locande del posto, tutto intorno è invece possibile dedicarsi al trekking in particolare in direzione di Rocca Calascio, costruita interamente in pietra bianca locale e composta da un mastio centrale di antica origine, quattro torri d’angolo a base circolare e una cerchia muraria.
La posizione a circa 1400 metri di questo castello, costruito intorno al XII secolo, permetteva di osservare tutto il territorio circostante, garantendo in particolare il controllo della transumanza, attività importantissima a quei tempi. Il castello è però conosciuto non tanto per la sua storia a per i set cinematografici di “Ladyhawke” (1985) e “Il nome della Rosa” (1986).
Per chi desiderasse approfondire l’ argomento, ho trovato interessante il video di Alberto Angela, che trasporta perfettamente nella storia di questo castello e nella natura che lo circonda
…e poi verso Campo Imperatore
Una escursione verso Campo Imperatore è d’obbligo per comprendere come mai la zona sia conosciuta come ‘il piccolo Tibet’ . Attenzione però perché per tutto il percorso, caratterizzato da natura, silenzio e infiniti tornanti nelle montagne, non si può fare affidamento alla rete del cellulare quindi meglio scegliere quando e come avventurarsi in base alle condizioni meteo, alla luce e senza dimenticarsi di controllare la benzina!